Benvenuti da Filippo

Il viaggio di Elsa

 

 
Elsa è una pianta di vite, che ha iniziato da poco una nuova vita. Non preoccupatevi, a volte do dei nomi alle piante, ma lei ce l’ha da poco, nonostante vivesse da me da qualche anno. Quando potiamo la vigna, spesso ripianto pezzi dei tralci tagliati per vedere se nasce una nuova piantina. In genere le viti della vigna sono tutte innestate su un ceppo selvatico, il che le rende più resistenti alle malattie ed ai parassiti, quindi la pianta che nasce da un tralcio sarà già più debole di per sé. C’è poi da dire che su una decina di tralci piantati, magari solo un paio attecchiscono. Così fu per lei, che si trovò a mettere radici in un vaso sul balcone della nostra casa a Ivrea. Saranno ormai più di tre anni fa. Da allora molte cose sono cambiate: io e mia moglie ci siamo separati, un esperimento di orto urbano è nato e finito, ed infine la casa è stata gradualmente abbandonata, ora nin ci vive più nessuno stabilmente. Lei è rimasta lì, prima arrampicata sul muro di mattoni, poi stirata sulla ringhiera del balcone, mentre pian piano cresceva ed il suo esile fusto si faceva legnoso. Era rimasta, insieme ad una vecchia rosa, l’unica pianta del balcone. Le facevano compagnia vasi incolti, il cadavere sgonfio di un cactus, un rosmarino rinsecchito ed un peperoncino rocoto sul quale ancora ripongo qualche speranza di vederlo rimettere qualche foglia.

Siccome nella vigna molte viti sono morte, ho deciso di riportare Elsa là da dove è venuta. È stato sicuramente traumatico lasciare il suo vaso lungo dove aveva salde radici. Le ho dovute un po’ strappare, per metterla in un vaso da viaggio, avvolto in una busta di plastica bianca.
Volevo metterla in testa alla vigna, al posto d’onore, a fianco delle rose che aprono i filari; lì in effetti manca una vite, però avevo già piantato altri tralci e per giunta avrei dovuto scavare proprio ai piedi di due pali di cemento tra i più strategici per tener su tutta la baracca. Un po’ più in là c’era un altro posto: una gamba di vite mozza, tanto secca che il tronco si sfaldava solo a stringerlo.
L’ho piantata lì vicino, scavando un buco profondo una ventina di centimetri. Abbiamo messo un fondo di stallatico, e poi lei stessa, per farmi perdonare di averla strappata al suo vaso l’ho presa tra le mani con delicatezza, posata nel buco e poi le ho rabboccato le coperte con la terra, un altro po’ di concime ed un ciuffetto d’erba. Un trattamento da pascià!
Poi l’ho legata al palo, come le sue sorelle maggiori (o meglio zie) con il filo di canapa, in modo che cresca e diventi grande. Arrivederci a presto, cara Elsa.

 

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