Breve vacanza primaverile alla scoperta dell’arcipelago maltese: Malta, Gozo e Comino, tre isole che si fanno compagnia nel mezzo del Mediterraneo, sperse tra la Sicilia e la Tunisia. Le imponenti scogliere calcaree racchiudono un entroterra piuttosto arido, spazzato dal vento e baciato – molto più spesso direi… “morsicato” – dal sole (300 giorni di sole all’anno, ricorda pomposamente un cartellone all’aeroporto).
Culla di una civiltà neolitica autoctona di cui possiamo ancora apprezzare gli antichissimi templi, costruiti più di 5000 anni fa), questa terra ha poi condiviso vicessitudini in parte simili a quelle della Sicilia, la cui influenza è forte anche sulla parlata locale, un originalissimo misto di arabo e siculo. Poi l’amministrazione dei Cavalieri Ospitalieri, che resistono all’assedio dei Saraceni, Napoleone ed infine il dominio inglese, che avrà termine solo alla fine degli anni ’70. Un bel mosaico di culture, per un paese che vorrebbe apparire moderno ed efficiente ma è zavorrato da radici mediterranee con cui bisogna sempre fare i conti.
Ammetto di non aver mai sentito parlare prima di vino maltese e nemmeno della gastronomia locale. A mio parere la causa è che non solo i numeri sono molto piccoli (meno di mezzo milione di abitanti ed un territorio minuscolo e non proprio generoso) ma pure Malta si trova accanto un gigante come l’Italia che inonda con i suoi prodotti alimentari le tavole dell’isola e mette fuori mercato le produzioni locali, per le quali tuttavia mi è parso che non ci sia molta tutela né interesse (insomma, l’enogastronomia non è per nulla sviluppata come nel nostro paese). Detto questo, con molta umiltà sbircio i menù dei ristoranti, osservo le vetrine dei locali più famosi (come lo storico Caffè Cordina, aperto da prima dell’unità d’Italia) mi siedo a tavola e cerco di imparare qualcosa.
Come in molte isole, i piatti tipici più famosi sono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, di terra: il coniglio in umido (fenek stuffat) ed i bragioli, involtini di carne cotti nel vino rosso. C’è poi l’aljotta, zuppa di pesce con pomodoro e spezie, diversi snack salati come gli onnipresenti pastizzi, pasta sfoglia ripiena di ricotta o piselli, la qassatat (fagottino di pasta frolla anch’esso ripieno di piselli, formaggio o spinaci ed acciughe), la pizza locale venduta a tranci; non mancano dolci e biscotti, come kannoli ripieni di ricotta e canditi o i mqaret, biscotti fritti o al forno ripieni di pasta di datteri.
A Gozo abbiamo potuto apprezzare formaggi di capra (gibeina), spesso ricoperti di pepe, e le particolari salsicce speziate, consumate fresche oppure fritte.
Riguardo al vino, i produttori non sono molti (Marsovin e Delicata dominano gli scaffali) e per la gran parte utilizzano vitigni internazionali: principalmente Chardonnay per i bianchi, Cabernet Sauvignon, Syrah e Merlot per i rossi. Esistono due vitigni autoctoni, la Ghirgentina a bacca bianca e il Gellewza a bacca rossa, che però anziché essere valorizzati occupano una posizione un po’ di nicchia. Esiste anche un metodo classico, Cassar de Malte, che però non ho avuto occasione di provare. Nelle carte dei vini i prodotti locali occupano più o meno un quinto della lista, che poi è popolata in gran parte da vini italiani, australiani, sudafricani, cileni, argentini e francesi.
“La Vallette” Maltese Islands IGT, annata 2017. Produttore: Marsovin. Grado alcolico: 12.5% vol.
Colore rosso rubino con riflessi granati, cupo ed intenso, limpido e abb consistente. Al naso, si presenta di media intensità e complessità. Predominano le sensazioni fruttate (mirtilli, prugne) ed una piacevole speziatura di pepe nero; in complesso, abbastanza fine.
All’assaggio è secco, abbastanza caldo, abbastanza morbido, abbastanza caldo, tannico e sapido. E’ un vino sicuramente di buon corpo, intenso ed abbastanza persistente; nel complesso, anche in bocca lo definirei abbastanza fine.
Lo stato evolutivo è tra il giovane ed il pronto, tra due-tre anni non sarà sicuramente peggiorato ma anzi il tannino un po’ ruvido potrebbe essersi un po’ arrotondato conferendo all’assaggio una maggiore piacevolezza.
In complesso si tratta di un vino abbastanza armonico. Mi è piaciuto il suo colore cupo, la sua nota speziata e tutto sommato la tannicità; è stato un piacevole abbinamento con il mio piatto, uno stufato aromatico e speziato.
“1919” Gellewza of Malta DOK, annata 2016. Produttore: Marsovin. Grado alcolico: 14.5% vol. Bottiglia n. 2788 di 7072.
Anche qui uno splendido colore rosso rubino cupo, molto intenso e profondo. All’aspetto limpido e consistente.
Al naso si presenta intenso, abbastanza complesso con predominanza di sensazioni fruttate (frutti rossi maturi, amarena, mora) e speziate (pepe, noce moscata); presenti inoltre spiccati sentori eterei. Il mio giudizio sui profumi è abbastanza fine, sicuramente apprezzabile ma a mio parere un po’ troppo esuberante e selvaggio.
All’assaggio il vino è secco, fresco, sapido, abbastanza morbido; l’elevata presenza alcolica, evidente nell’esame visivo ed olfattivo, risulta invece meno aggressiva in bocca: direi abbastanza caldo. Il vino è tannico, di un tannino un po’ ruvido, da addomesticare. Sicuramente intenso, persistente, in complesso abbastanza fine.
Il vino è pronto, anche se è predisposto per un lungo invecchiamento. Abbastanza armonico.